lunedì 5 gennaio 2009
Copyright
I racconti che troverete sul mio Blog fanno parte dei miei cassetti della memoria rivisitati con nostalgia ed offerti a tutti coloro che come me hanno vissuti gli splendidi anni '70..... I loghi ed i marchi pubblicati sul mio blog sono ricavati da foto di vecchi adesivi di mia proprietà riveduti e corretti e la loro pubblicazione è prettamente di carattere storico!!!!!
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Ricordi del "Villaggio Nuovo"
I miei ricordi del Villaggio Nuovo (quartiere di Rivazzurra di Rimini),
dove ho passato tutta la mia infanzia e la mia adolescenza, ritornano in quei luoghi che oggi sono ridotti ad un ammasso di cemento mentre all'epoca (primi anni '60)
era una landa desolata ricoperta di erbacce ed arbusti, dove in primavera i campi tutto intorno si riempivano di margherite e viole mammole, dove d'estate la calura riscaldava le mura, dove in autunno si veniva avvolti dalla fitta nebbia e d'inverno sommersi dalle nevicate abbondanti.
La ferrovia all'epoca era a livello del suolo e le mamme erano sempre timorose nel lasciarci giocare senza il dovuto controllo, ma poi verso la fine degli anni '60 la rialzarono di circa tre metri e cominciarono a costruire i primi (necessari) sottopassaggi ad iniziare da quello
di Viale Catania che fu appunto il primo.
Vi racconterò tutto ciò che ricordo riguardo la mia infanzia e la mia adolescenza e le cose nostalgiche che rivivono teneramente in me.
I GIOCHI
La maggior parte dei nostri giochi li facevamo al mitico "campino" del Villaggio Nuovo (all'incrocio tra via Del Ghirlandaio e quella che ora è Via Piero della Francesca).
Come tutti i maschietti dell'epoca le nostre tasche erano sempre ricolme di "figurini" (le figurine), di "palline" (le biglie di vetro), di "tappini" (i tappi delle bottiglie),
di "coltellini" fatti coi chiodi (vi spiegherò poi) e non poteva mai mancare, nella tasca posteriore o a tracolla, la mitica "sfrombla" (la fionda) che costruivamo in maniera maniacale
in questo modo: per primo si cercava una pianta di olmo o di salice (a volte usavamo anche il pioppo) da dove tagliare l'"archetto" più preciso e una
volta ricavata la forma lo mettavamo ad essiccare sulla stufa a legna per renderlo più resistente, poi si "rimediava" una camera d'aria di bicicletta
e la si ritagliava: in alcuni punti in maniera orizzontale per ricavarne le strisce elastiche e in altri punti in modo verticale per farne gli "elasticini" che servivano
per unire la fionda, in fine si usava un pezzo della tomaia delle vecchie scarpe per farne il contenitore del proiettile da lanciare (di solito erano sassi).
Ognuno di noi aveva la propria "pallina" e le proprie "piastre" (capirete meglio seguendo il racconto) e come amuleti le tenevamo nascosti
come fosse un tesoro.
LE PALLINE (Le biglie)
Le palline si dividevano per materiale, per colore e per la grandezza che ne determinava il valore. Il "boccione" era la più grossa e
valeva due palline, mentre il "minghino" era la più piccola e valeva mezza pallina. Se si aveva la fortuna di trovare le palline "americane" (se ricordo bene erano di ceramica)
significava avere palline di doppio valore rispetto alle altre e stessa cosa dicasi per le monocromatiche o ancor meglio quelle trasparenti.
I giochi più diffusi con le palline erano: "papetto", "quadretto" e "pancotto". Il papetto consisteva nell'allineare in modo orizzontale
un determinato numero di palline (in base alla puntata iniziale di ciascuno) e dal papetto si tirava la propria pallina a turno verso il punto
più lontano rispetto alla linea delle palline stesse in modo tale che chi fosse andato più distante fosse anche il primo a "tirare".
Preso la mira con la pallina tenuta tra l'indice e il pollice (qualcuno usava il medio e il pollice) e fermando il polso con il pollice ed il mignolo dell'altra mano (aperta
a mo' di compasso usando appunto il pollice ed il mignolo) si tirava in direzione della fila e se "beccavi" vincevi tutte le palline situate
a destra della pallina colpita (vi assicuro che è più semplice a farsi che a spiegarsi). Il quadretto consisteva nel disegnare a terra un quadrato
della grandezza tale da poter contenere il numero di palline puntate dai "concorrenti" che venivano allineate in numero uguale per lato
e la "meta" (colei a cui si attribuiva all'inizio un valore "X" di palline puntate) la si metteva al centro del quadrato. Allo stesso modo del papetto si tirava il più lontano
possibile dal quadretto per poter essere il primo a tirare e conquistare il maggior numero di palline che venivano intascate man mano che si colpivano,
ma lo scopo principale era quello di poter colpire la pallina centrale perchè era quella accreditata di maggior valore e che si poteva
colpire solo quando tutte le altre erano state "abbattute", ma la particolarità era che bisognava colpirla dall'alto e cioè ci si alzava
in piedi e tendendo la propria pallina tra l'indice e il pollice si cercava di colpirla così come gli aerei da bombardamento cercano
di colpire il bersaglio con una bomba, questa tecnica veniva chiamata "ociali" da occhiali appunto per il modo di mirare. Il pancotto invece era il più bello, ma anche il più difficile. Per tirare si usava la stessa postura delle mani che ho descritto per il papetto. Si costruiva innanzitutto una buca (il pancotto appunto) che era la base per ottenere la vittoria finale. Si dichiarava all'inizio la quantità di palline "scommesse" e una volta fatto le "cappe" (la conta per determinare chi iniziava), ci si appostava nella buca e si tirava anche lì il più lontano possibile, ma ora lo scopo era diverso e cioè, essendo noi stessi (la nostra pallina) il bersaglio, più ci allontanavamo e più era difficile colpirci.
L'ultimo a tirare (il più avantaggiato) cervava di colpire la pallina più vicina e andava avanti nel gioco usando la conta del 3 fino a 18
(3, 6, 9, 12, 15, 18) potendo carambolare sulle biglie degli altri concorrenti e finchè non sbagliava, il turno restava a lui. Sono certo
che può sembrare un giochetto da nulla raccontato oggi, ma vi assicuro che ci voleva un'enorme abilità nel far 3, 6, 9, 12, 15, 18 perchè
per poter continuare a tirare o si aveva la misura giusta nel non allontanarsi troppo dalla pallina colpita (la misura minima era una spanna e se si stava al di sotto si passava il turno)
o si doveva usare l'effetto adeguato per avvicinarsi ad un'altra pallina (a mo' di carambola appunto). E la buca chiamata papetto che c'entra direte voi? Dunque... tra le tante difficoltà da affrontare c'era anche quella finale per poter vincere (ed ecco qui la bravura) e cioè bisognava colpire le palline facendo in modo di avvicinarsi il più possibile al "pancotto" (la buca) perchè l'ultimo tiro una volta arrivati a 18
era quello di riuscire a mandare in buca (come nel golf) la pallina e a quel punto si poteva gridare PANCOTTOOOO!!!
Le cose più divertenti che ricordo con nostalgia erano le regole improvvise che si attuavano per non far vincere gli avversari: c'era il "senza buona inzocca" che significava che se la propria pallina urtava un qualcosa o un avversario si poteva ritirare, poi c'era "cicco si ritira"
che significava che se la pallina scivolava dalle mani mentre si stava tirando, si poteva tirare di nuovo, ma la più furba e la più "disonesta"
era quella che, in caso un avversario per bravura o per fortuna riuscisse nello stesso tiro a fare 18 e infilare la pallina in buca,
tutti in coro gridavamo..... "BUCA NON VALEEEEEE!!!!!!!"
I FIGURINI (Le Figurine)
I giochi classici per vincere i figurini (noi le chiamavamo le "figu") erano diversi, ma descriverò solo i due più belli e dove ci passavamo intere giornate (fino al tramonto).
Il "filotto" e il "punteggio" . Per prima cosa devo dire che le "piastre" (le pietre usate per i due giochi) erano di due tipi: rotonda e sottile per il filotto e quatrata e spessa
per il punteggio ed erano state cercate e scelte con cura nel tempo (quella liscia, rotonda e sottile la si cercava ai bordi dei fiumi, mentre
quella quadrata e spessa di solito era di marmo e la si "rimediava" nei cantieri). Il filotto consisteva nel "puntare" (scommettere) un
numero "X" di figurini dei quali si faceva un "mazzetto" che si posizionava al centro della strada (tassativamente asfaltata per far scivolare la piastra)
e lo si teneva in piedi, di coltello, infilandolo in un piccolo mucchietto di sabbia (poco più di un pugno) e da qui, come per le palline,
si tirava la piastra il più lontano possibile per essere i primi a tirare (non era sempre un vantaggio però). Quindi a turno, dal punto più
lontano, si tirava la piastra facendola scivolare il più possibile sull'asfalto in maniera tale che non facesse rimbalzi, cercando di colpire
le figurine (vi assicuro che era difficilissimo al primo colpo), ma anche cercando di dare la forza giusta per essere ancora il primo a tirare successivamente perchè la piastra, una volta superato le figurine senza abbatterle, finita la sua corsa avrebbe determinato il tiro successivo
in base alla distanza dalle figurine stesse. Se nessuno "abbatteva " le figurine al primo colpo, si riprendeva a tirare partendo dalla piastra
più lontana, ma questa volta stando appoggiati a terra con un ginocchio (immaginate a fine giornata come erano ridotte le nostre ginocchia) e si continuava così finchè non venivano abbattute, ma era rarissimo non riuscirci al secondo tentativo. Il punteggio invece consisteva nell'appoggiare il mazzetto di figurine scommesse a terra, con la figura rivolta verso l'alto, ci si metteva in linea
con le figurine e si tirava la piastra (quadrata, spessa e di solito pesante) verso un punto determinato da un palo, un albero, un muretto
o una riga disegnata a terra se gli altri elementi non erano presenti e chi ci si avvicinava di più sarebbe stato anche il primo a tirare.
Una volta posizionatosi davanti al punto "base" si tirava la piastra verso le figurine e chi più ci si avvicinava le vinceva. Ricordo che
la cosa più buffa del punteggio è che capitava a volte di colpire le figurine di "punta" e cioè con lo spigolo delle piastre e, vuoi la
pesantezza della piastra, vuoi lo spigolo appuntito, creavamo dei grossi fori sulle figurine che poi però perdevano di valore perchè
nessuno voleva "attaccare" sul prorpio album delle figurine così ridotte (anche se lo facevamo spesso). A proposito dell'attaccare le
figurine all'album, devo dirvi che allora era rarissimo aver in casa la famosa colla vinilica nel vasetto e noi ovviavamo a ciò facendocela con
acqua e farina e con quella incollavamo le nostre "figu", ma il composto era talmente denso che l'album, una volta completato, diventava più spesso di un vocabolario!!! I GIOCHI PERICOLOSI
Come tutti i bambini del tempo, anche noi facevamo giochi a dir poco pericolosi, ma che ci facevano sentire più "maturi" e impavidi. Uno di questi
era quello di costruirci i "coltellini" (di cui ho parlato all'inizio) usando questa pericolosissima tecnica: si andava in un cantiere di qualche
nuova casa in costruzione (rimediavamo quasi tutto nei cantieri il materiale per i nostri giochi) e si "rimediavano" dei chiodi, i più
grandi possibili (più erano grandi e più il coltellino era da "sburone") e una volta in nostro possesso sapete che ci facevamo? Bhe!
A pensarci oggi devo ammettere che erano cose da non fare assolutamente, ma con la spavalderia dell'epoca era cosa di semplice routine per noi.
Dunque, ci avvicinavamo alle rotaie del treno (arrampicandoci sul "ghiaione" della ferrovia) e appoggiavamo sui binari in senso verticale i nostri
chiodi aspettando che il treno passasse e li schiacciasse rendendoli piatti e appuntiti e il vero pericolo consisteva nel fatto che per poter
vedere bene dove sarebbero saltati una volta passato il treno, noi ci appostavamo sdraiati sul "ghiaione" a pochi passi dai binari per
non perdere di vista i nostri "preziosi" chiodi. Altro gioco pericolosissimo era quello che facevamo col "potassio"; praticamente c'era sempre
qualcuno di noi che aveva un fratello o un "amico" più grande che andasse in farmacia a comprare le pasticche di potassio che noi,
una volta triturate le rendavamo in polvere per poi miscelarle con un composto fatto di polvere pirica e polvere da sparo e ottenere così una
micidiale mistura esplosiva. Normalmente lo usavamo in questo modo: si prendeva un pizzico di polvere e lo si metteva a terra,
ci si appoggiava sopra un ciottolo della dimensione di una "vecchia" 100 lire e quindi ci si saliva sopra appoggiando il tacco di una scarpa sul ciottolo e con l'altra scarpa si dava un colpo secco sul tacco per far esplodere il "potassio" (quanti tacchi volati
via, quanti talloni bruciacchiati e quante "botte" prese dai genitori!!!). Ma il culmine della pericolosità lo raggiungemmo quando
ad uno di noi venne la brillante idea di costruirsi i candelotti esplosivi: si "rimediavano" dei tubi di alluminio o di acciaio (quelli usati dagli idraulici erano perfetti), si tappava un'estremità con un tappo di sughero e dall'altra estremità si faceva scivolare all'interno
la "miscela" esplosiva, poi si tappava anche qui con un pò di argilla e ci si infilava una miccia fatta con un cordino inbevuto nell'olio d'oliva......il resto ve lo lascio immaginare!!!
Altro gioco pericoloso era quello che facevamo con le "ceribottane" (cerbottane)
e consisteva nel fare le battaglie tra due squadre sparandosi i "piruli" (proiettili conici di carta), ma a noi non bastava più farlo con i piruli
normali, quindi avemmo la bella idea di inserire nella punta del "pirulo" uno spillo (di quelli da sarta) e vi assicuro che non era tanto
gradevole quando te ne ritrovavi uno conficcato nella pelle (c'è anche qualcuno che se lo è beccato in un occhio, ma nulla di serio).
Altri giochi pericolosi erano quelli di "iniziazione" o quelli per stabilire una certa gerarchia nel gruppo ed erano i seguenti: uno di questi (iniziazione di un nuovo componente del gruppo) era quello di saltare dal primo o dal secondo piano di una casa in costruzione sul mucchio di sabbia sottostante che i muratori avevano ammassato vicino alla betumiera per fare la calce.....quante ginocchiate in bocca si prendevano a fare quei salti!!! Una cosa che si faceva per determinare una certa gerarchia nel nostro gruppo consisteva nell'andare in spiaggia con le nostre "bici" e qui salire sulla prima cabina (mentre gli altri ti issavano la bici), quindi si inforcava la bicicletta e si cominciava a pedalare velocemente per percorrere tutta la fila della cabine e
poi saltare dall'ultima sulla sabbia e credetemi che sono davvero tante le volte che ci si faceva male, come male si fecero due di noi (uno in coma per circa 10 giorni e l'altro con entrambe le braccia rotte) quando decidemmo di farci la discesa di San Martino Montelabbate
(circa un chilometro di pendenza al 15%) con le biciclette senza freni e frenando (quasi impossibile) solo con le suole delle scarpe
strisciate a terra, ma il problema è che alla fine della discesa c'è una curva stretta che i due non riuscirono certo a percorrere e continuando
in linea retta volarono sui filiari delle viti (spezzando col corpo i fili di ferro che li uniscono) e mentre uno si piantò di testa nel terreno
argilloso, l'altro "abbracciò" letteralmente una grossa pianta di olmo!
LA FOGARACCIA (Il falò che si fa da noi la notte di San Giuseppe)
Il "fuocone" più grande del circondario è sempre stato quello che facevamo noi al "campino" e per crearlo non si poteva fare a meno di commettere i soliti "furtarelli". "Rimediavamo" una quantità enorme di fascine dai vari contadini locali, si abbatteva un albero che fungeva da fusto centrale e per tenerlo ritto lo infilavamo in una miriade di copertoni (sia di camion che di auto) che ovviamente "rimediavamo" dai
meccanici del posto e dal deposito "Bonelli" situato vicino all'aereoporto, quindi aggiungevamo tutti gli scarti di legna presi sempre dai cantieri
e qualche volta anche qualche traversino in legno pieno depositato accanto alla ferrovia, ma la cosa più assurda era quella di andare
di notte nei cimiteri a "rimediare" le enormi corone di alloro che immancabilmente sfasciavamo la mattina presto per celarne la forma.
Il periodo della preparazione della fogaraccia durava anche alcuni mesi (a volte si cominciava a novembre per rimediare il materiale)
e la "cadascia" (la catasta di legno) era pronta più o meno nei giorni successivi al Festival di Sanremo e ricordo con nostaglia che tutte
le sere ci riunivamo attorno alla cadascia (per sorvegliare che nessuno delle compagnie limitrove ci desse fuoco per dispetto o per invidia) e cantavamo
a squarciagola tutte le canzoni, rimaste impresse, del festival fino alle 22/23.
IL METEO DELL'EPOCA
Tra i vari ricordi come dimenticarsi dell'uragano del '63, della super nevicata del '66 e del ciclone del 75? Cominciando dal primo, ricordo che nel mese di giugno di quell'anno mio nonno guardando il cielo, che era completamente terso, si accorse di alcune nuvole
enormi, dense e bianchissime che si scorgevano all'orizzonte in direzione mare e disse:"....è un brutto segno!". Di lì a poco (circa un'ora)
il cielo si fece spaventosamente nero fuliggine, il sole si oscurò e rimanemmo quasi completemente al buio come per un'eclissi solare, il vento cominciò ad investirci con forza e da tutte la case si sentivano le madri gridare i nomi dei propri figli per farli rientrare.
Mia madre ci barricò in casa e piangendo continuava a nominare mio padre che in quel momento era fuori con l'auto e, non essendoci
come oggi i cellulari, era impossibile comunicare con lui e sapere dove si trovasse. Cominciò a diluviare in maniera spaventosa e
all'esterno si sentivano i vari oggetti scagliarsi contro le case trasportati dall'impetuosità del vento e della pioggia. Saltò la luce e rimanemmo completamente al buio e mia madre per farci coraggio ci suggerì di cercare in casa delle candele. All'improvviso sentimo picchiare con violenza sulla porta dell'uscio di casa e pensavamo fossero gli oggetti trascinati dal vento, quindi mia madre, vedendoci spaventati,
decise giustamente di infilarci sotto le coperte per darci così una sorte di protezione. I colpi continuarono sulla porta fino a quando,
all'improvviso, si senti urlare forte il nome di mia madre che capì che i colpi sulla porta erano dati da mio padre che cercava di entrare. Non vi dico la gioia di tutti noi nel vederlo entrare in casa anche se bagnato come un pulcino caduto in mare da un transatlantico, ma nonostante le lacrime di gioia di mia madre la nostra paura non cessava. Fu davvero una notte buia e tempestosa
come quella di certe storielle, ma passò e la mattina dopo ci risvegliammo con una giornata di sole merviglioso e con enorme stupore
ci accorgemmo che in strada c'erano oltre 50 cm d'acqua ed era acqua di mare (fu un uragano marino che sommerse tutto il litorale). Di quei giorni ricordo come l'incoscenza (giusta) di noi bambini ci permise di giocare anche con quel "dramma"; ricordo infatti
che giocavamo ai pirati navigando nell'acqua alta su dei tavoli di legno rovesciati che fungevano da navi. Qualche giorno dopo venimmo a sapere che il lago di Fiabilandia (all'epoca il parco non era ancora stato realizzato) era straripato e che si trovavano tantissimi pesci nelle pozzanghere limitrofe, quindi ci munimmo di bidoncini e li riempimmo di pesci per farci un piccolo acquario. Altro episodio memorabile
a livello meteo fu l'abbondante nevicata del '66. Ricordo che la neve era talmente alta (si parlò allora di circa un metro e mezzo) che per
giorni non potemmo uscire di casa finchè il comune di Rimini non inviava dalle nostre parti gli spazzaneve (all'epoca ce n'erano davvero pochi) e quando finalmente arrivarono, ammassarono una montagna enorme di neve ai bordi bella ferrovia. Fu davvero
uno dei momenti più belli della nostra infanzia quando ci ritrovammo quella montagna di neve su cui potemmo "sguillare" (scivolare) per giorni e giorni.
L'ultimo avvenimento meteo che vorrei citare fu il ciclone che ci colpì nel '75 quando il vento era così forte che (racconto fatto dai bagnini)
si vedevano le fioriere di cemento scivolare sul lungomare come fossero di plastica, trovarono gli ombrelloni conficcati nelle cabine di cemento e addirittura un "moscone" (il pattino) volato sul terzo piano di un albergo. Quello che ricordo bene furono i palombari
chiamati dagli albergatori per estrarre le auto parcheggiate nei garages sotterranei (all'epoca la maggior parte degli alberghi avevano i garages sotterranei) e le finestre sfondate dal vento alla Locanda del Lupo dove ci recammo subito per sistemare
il tutto per l'apertura serale (non si poteva tenere chiuso in piena estate).
PERSONAGGI STORICI
Come in tutte le cittadine e i paesi che si rispettino, anche da noi al Villaggio c'erano i personaggi caratteristici di cui è impossibile non parlarne. La prima che citerò è la "lupinaia", una vecchietta arzilla che la domenica pomeriggio transitava nel Villaggio pedalando sul suo carretto a tre ruote e trascinando con sè tutte le leccornìe per noi bambini che già dalla mattina avevamo preso
la paghetta da spendere dalla lupinaia. Il carretto era sempre ricolmo di "fusaia"(noccioline, sementine, castagne secche, ecc...) e di "luverie" (liquirizie, caramelle, croccanti, ecc....).
Per la storia amo ricordare alcuni prodotti che si potevano trovare all'interno del carretto: comincerò con il gelato di meringa da £.10 che conteneva all'interno una piccolissima sorpresa, poi c'erano le carrube (£.10 l'una), le liquirizie arrotolate e quelle lunghe (io adoravo quelle lunghe perchè le usavo da cannuccia con la gassosa), le caramelle a forma di mora (altro che le Morositas!!!), quelle all'orzo e le mou al latte tutte rigorosamente al modico prezzo di £.5, c'erano le "cicche" (gomme da masticare) quelle rosa dolcissime con cui
facevi delle bolle enormi (£.10) e all'interno c'era un tatoo che noi applicavamo sul braccio umettandolo prima e poi appoggiandoci sopra la figurina, ma la cosa indimenticabile
è sicuramente la "bumba" che era un biberon con un liquido dolcissimo giallo o arancione e che era il più ambito da noi, ma anche il più caro (£.20). Altro personaggio storico
era la vongolaia che passava tutti i venerdì al grido di:"...AL PURAZI DONIIIII!!!!!". Un altro che ricordo perfettamente era "Paolino" un ragazzo semplice di quelli che trovi in
tutti i paesi e che vengono definiti (a torto) "lo scemo del villaggio". Quello che ricordo bene di lui è che adorava fare lo spazzino e girava tutto il giorno (chilometri e chilometri)
spazzando le strade e raccogliendo ogni cosa che facesse disordine e se qualche donna gli rivolgeva la parola, lui, che di solito era taciturno, gli esclamava:"...Signora...te ce l'hai le mutande?". Poi c'erano i "strazer" (i robivecchi), il primo che ricordo era un signore dai modi gentili che costretto su di una sedia a rotelle, si faceva trainare dai suoi 4 cani raccogliendo le ferraglie per poter sfamare lui e i suoi cani (tante volte ho visto mia madre donare del pane per i suoi cani), l'altro invece era di tutt'altra fattura (grande e grosso) e girava con un 'APE raccogliendo: ferro, rame, ottone, zinco e quant'altro, ma che a differenza del primo, ti pagava in contanti dopo aver pesato sulla sua stadera (ti fregava sempre) il materiale da comprare.
Proseguendo, come non ricordarsi della "Isolina", un donnone enorme con sembianze maschili che trascinava tutto il giorno un carretto a mano pesantissimo e carico di frutta e verdura che vendeva casa per casa, noi bambini ne avevamo un terrore folle perchè ci raccontavano (le solite fandonie per i bimbi) che se ci "beccava" ci avrebbe ucciso e ne avrebbe fatto del sapone. Infine cito alcuni dei soprannomi che circolavano a quei tempi: "Quadrilein" (che era il contadino che possedeva l'appezzamento di terra più grande dei dintorni), "Cibischin" (il nostro amatissimo tabaccaio dove compravamo dalle figurine ai dolci), la "Minghina" e tanti altri che col passar del tempo si sono via via cancellati
dalla mia memoria, ma che resusciterò appena qualche avvenimento, qualche odore o qualche sapore li farà riemergere, riaprendo quei "cassetti della memoria" di cui ora non trovo le chiavi.....Ed ora, approfittando di questo blog, vorrei mandare un affettuoso saluto a tutti i miei amici d'infanzia e dell'adolescenza del Villaggio Nuovo alcuni dei quali citerò con il soprannome con cui lo chiamavamo tutti (un abbraccio particolare a quelli che ora ci guardano con tenerezza dal Paradiso):
Veniero, Claudio, Paolina, Gino, Eva, Lucio, Paolino, Davide, Faliero, Bruno, Flavio, Paolo, Aldo, Micio, Giorgio, Mezzavirgola, Franco, Minghino, Picio, Gianni, Lalo, Francesino, Rita, Arrigo, Alfio, Fabio, Nevia, Paolone,
Augusto, Sergio, Stefano, Daniele, Angelo, Caco, Fabio, Tonino, Giacomo, Nello, Maurizio, Massimo, Nevio, Fulvio, Ivano, Micia, Edo, Loris, Livio, Fefi, Martino, Marinella, Ciccio, Brunone. Chiedo scusa a tutti coloro che ho omesso, ma la vecchiaia incombe e la memoria svanisce sempre più!
domenica 4 gennaio 2009
La "Locanda del Lupo"

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